giovedì, maggio 19, 2005



Edward Hopper "Rooms by the Sea" 1951 Posted by Hello

Steinberg

Dal mese di aprile 2008, in via Giovanni Chiassi 59, un nuovo studio legale ha aperto i battenti:

Lo studio legale Miccio - Tosoni

mercoledì, maggio 18, 2005

Il mio Curriculum Vitae

Alfredo Miccio

Telefono: 0376-323415
Fax: 0376-1841201
Posta elettronica: alfredomiccio@tiscali.it
Dati personaliStato civile: coniugato
Nazionalità: italiana
Data di nascita: 10 maggio 1972
Luogo di nascita: Mantova
Domicilio: Via G. Chiassi, 59 - 46100 Mantova
Codice Fiscale: MCC LRD 72E10 E897W
Partita IVA: 02069810204
Opera in ambito civilistico-commerciale, con particolare riferimento alle tematiche societarie, concorsuali, contrattuali, immobiliari e successorie, quale Advisor Legale in procedure di Concorsuali e di Sovraindebitamento, Professionista Delegato del Tribunale per le vendite immobiliari, Curatore Fallimentare, Curatore di Eredita' Giacenti, con particolare riferimento ai seguenti ambiti:
- procedure concorsuali e concordatarie, procedimenti esecutivi immobiliari, gestioni patrimoniali, procedimenti di liquidazione, amministrazione di eredita’ giacenti,;
- Contenzioso giudiziale ed arbitrale in ambito successorio, societario, contrattuale, immobiliare e concorsuale;
- Pianificazione successoria aziendale e familiare;
- Pianificazione di strutture societarie e stesura atti costitutivi e statuti societari, cessioni e affitti di azienda;
- Real Estate e pianificazione fiscale inerente alle imposte indirette nei trasferimenti immobiliari, stesura contratti preliminari e definitivi di trasferimento immobiliare;
- Pianificazione e attuazione modelli di organizzazione e gestione societari, ai sensi del D.Lgs. 231/01 in ordine alla responsabilita' amministrativa degli Enti;

Istruzione- 1992 - 1997 Laurea in Giurisprudenza con voto 110/110, presso l’Università degli Studi di Pavia - Indirizzo relativo all'impresa.
Tesi in diritto commerciale dal titolo: “Il controllo dei soci nella S.r.l. priva del collegio sindacale”(relatore prof. G. Zanarone).
- 1991 Maturità classica con voto 52/60.
Interessi- appassionato velista, ho conseguito la patente nautica oltre le 12 miglia nautiche (vela e motore) nel 1990, ho navigato in qualita' di skipper su imbarcazioni a vela sui 40 piedi nel Tirreno e nell'Adriatico, sono stato allievo del CVC Centro Velico Caprera nel 2006 con buoni risultati - corso 2SL; Jazz e cinema.
- Buona familiarità con Internet e la suite “Office” di Microsoft.
Lingue straniereInglese e tedesco a livello scolastico superiore.
Requisiti di professionalita’
Incarichi in Organismi di Vigilanza - dlgs 231-2001
- dal 2019 membro dell’Organismo di Vigilanza di “STAFF S.P.A.”;
- dal 2019 membro dell’Organismo di Vigilanza di “Paganella S.P.A.”;
- dal 2018 membro dell’Organismo di Vigilanza di “Progesa S.P.A.”;
- dal 2017 membro dell’Organismo di Vigilanza della “Polis Manifatture Ceramiche S.P.A.”;
- dal 2014 membro dell’Organismo di Vigilanza della “Latteria Sociale di Mantova”;
- 2011 nominato membro dell'Organo di Vigilanza della "Scuola Provinciale Apprendisti Edili di Mantova" (ai sensi del D. Lgs. 231/01 sulla responsabilita' amministrativa degli enti);
- dal 2008 membro dell’Organismo di Vigilanza del “Corsorzio Agrario Lombardo Veneto”, ora “Consorzio Agrario del Nordest”, attivita’ di vigilanza specifica nel settore assicurativo gestito da Agrinordest - Fata Assicurazioni;
Incarichi
- dal 2019 membro del Consiglio di Amministrazione della societa’ “Berica Vita SpA”, facente parte del Gruppo Cattolica Assicurazioni;
- 2019 componente della Commissione Formazione del Consiglio Dell’Ordine degli Avvocati di Mantova;
- 2019 nominato Presidente della Camera Civile di Mantova;
- 2019 docente presso la Scuola Forense presso l’Ordine degli Avvocati di Mantova;
- 2017 nominato Gestore della Crisi presso l’Organismo di Composizione della Crisi del Comune di Marcaria (MN);
- dal 2016 membro del Consiglio di Amministrazione della societa’ “ABC Assicura SpA” facente parte del Gruppo Cattolica Assicurazioni;
- 2015 fondatore della “Associazione Delegati Mantovani - ADM”, associazione avente ad oggetto la gestione e l’assistenza dei professionisti delegati dal Tribunale alle vendite giudiziarie;
- 2014 cultore della materia presso l’Universita’ Statale degli Studi di Milano-Bicocca, Facolta’ di Economia e commercio, diritto commerciale, prof. Emanuele Cusa;
- 2013 nominato membro del Consiglio Arbitrale della Camera Arbitrale della Camera Civile di Mantova;
- relatore in convegni organizzati con il patrocinio della Camera Civile di Mantova, dell’Ordine degli Avvocati di Mantova, dell’ordine dei Commercialisti di Mantova, in diritto commerciale, fallimentare e civile;
ed in particolare in tema di:
--- concordato preventivo;
--- procedure concorsuali;
--- procedimento di sovraindebitamento;
--- responsabilita’ professionale notarile;
--- responsabilita’ amministrativa degli enti ex dlgs 231/2001;
- docenza in diritto commerciale corsi Promoimpresa 2008-2009-2010-2011-2012 presso la Camera di Commercio di Mantova;
- Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Mantova;
- Professionista Delegato alle vendite giudiziali immobiliari presso il Tribunale di Mantova;
- incaricato quale avvocato da Curatele Fallimentari in azioni giudiziali vertenti in diritto commerciale e societario; 
Esperienze professionali e formazione post-laurea
- 2019 relatore al corso dell’Ordine dei Commercialisti di Bergamo – Organismo di Composizione della Crisi, formazione dei Gestori, sul tema delle procedure da sovraindebitamento; 
- 2019 relatore al convegno in tema di esecuzioni immobiliari organizzato da Associazione Delegati Mantovani e Commercialisti per le Esecuzioni Immobiliari;
- 2019 relatore al corso dell’Ordine dei Commercialisti di Pavia – Organismo di Composizione della Crisi, formazione dei Gestori, sul tema delle procedure da sovraindebitamento; 
- 2018 relatore al corso dell’Ordine dei Commercialisti di Lucca – Organismo di Composizione della Crisi, formazione dei Gestori, sul tema delle procedure da sovraindebitamento; 
- 2018 relatore al corso dell’Ordine dei Commercialisti di Pavia – Organismo di Composizione della Crisi, formazione dei Gestori, sul tema delle procedure da sovraindebitamento; 
- 2018 relatore al convegno della Camera Civile di Mantova, sul tema del socio di capitali nella societa’ fra avvocati;
- 2017 relatore al Corso di Formazione per i gestori della crisi da sovraindebitamento organizzato dalla  Fondazione Centro Studi U.N.G.D.C., O.D.C.E.C. Ordine Commercialisti di Mantova, U.G.D.C.E.C. Mantova;
- dal 2017 membro del Organismo di Vigilanza della “Polis Manifatture Ceramiche S.P.A.” ;
- 2016 relatore al convegno in tema di Sovraindebitamento (L. n. 3/12)  organizzato Camera Civile di Mantova e dalla Associazione Italiana Giovani Avvocati;
- dal 2016 membro del Consiglio di Amministrazione della societa’ “ABC Assicura SpA” facente parte del Gruppo Cattolica Assicurazioni;
- 2016 relatore al corso sulle figure professionali nel concordato preventivo tenuto dall’Unione Giovani Commercialisti di Mantova;
- 2015-2016 relatore al corso di procedure concorsuali tenuto dal Collegio Geometri della Provincia di Mantova;
- 2015 nominato Presidente della “Associazione Delegati Mantovani ADM”, associazione avente ad oggetto la gestione e l’assistenza dei professionisti delegati dal Tribunale alle vendite giudiziarie
- 2014 redazione articolo in tema di Sovraindebitamento (L. n. 3/12) sull'inserto Agrisole-Il Sole 24 Ore del 7-13 marzo 2014;
- 2014 relatore al convegno in tema di Sovraindebitamento (L. n. 3/12) organizzato dal Tribunale di Mantova, Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Mantova, Camera Civile di Mantova presso il Tesoro Resort 28.3.2014; 
- 2014 nominato membro dell'Organo di Vigilanza della "Latteria Sociale Mantova Soc. Agr. Coop." (ai sensi del D. Lgs. 231/01 sulla responsabilita' amministrativa degli enti);
- 2013 nominato membro del Consiglio Arbitrale della Camera Arbitrale della Camera Civile di Mantova;
- 2013 partecipazione al Corso in Diritto dell'Arbitrato Interno ed Internazionale delle Facoltà di Giurisprudenza ed Economia dell'Università di Pavia, coordinamento scientifico prof. Elisabetta Silvestri e prof. avv. Paolo Benazzo;
- 2012-2013 partecipazione al Corso di Perfezionamento in Diritto Societario della Facoltà di Economia dell'Università di Pavia, coordinamento scientifico prof. avv. Paolo Benazzo;
- 2012 relatore alla tavola rotonda presso il Comune di Virgilio sul Decreto Sisma 74-2012 e le imprese;
- 2012 relatore al Convegno della Associazione Industriali di Mantova "Responsabilita' Ammninistrativa degli Enti ex dlgs 231/01";
- 2012 relatore nell'incontro-studio "Novità legislative 2011-2012: come cambia la professione?" della Camera Civile di Mantova;
- 2012 coordinatore del convegno sulla Prova nel Processo Civile della Camera Civile di Mantova con relatori prof. M.Taruffo, prof. S.Zanuttigh, prof. L.Passanante, dott. L. De Simone magistrato;
- 2012 relatore al convegno dei Giovani Commercialisti di Mantova dal tema "I PRIVILEGI NEL RIPARTO FALLIMENTARE – NOVITA’ INTRODOTTE DAL D.L. 98/2011";
- 2011 abilitato quale "Mediatore Professionista" D.lgs. 28/2010 presso l'Universita' degli studi di Pavia;
- 2011 nominato membro dell'Organo di Vigilanza della "Scuola Provinciale Apprendisti Edili di Mantova" (ai sensi del D. Lgs. 231/01 sulla responsabilita' amministrativa degli enti);
- 2011 nominato vice presidente della Camera Civile di Mantova;
- 2010 coordinatore del ciclo di convegni sul Trust della Camera Civile di Mantova
- 2010 relatore al convegno della Camera Civile di Mantova dal tema "La responsabilita' civile e penale del Notaio";
- 2010 cofondatore della associazione culturale "Merse Menti" di Mantova
- 2008 nominato membro dell'Organo di Vigilanza del "Consorzio Agrario Lombardo Veneto" (ai sensi del D. Lgs. 231/01 sulla responsabilita' amministrativa degli enti);
- docenza in diritto commerciale corso promoimpresa 2008-2009-2010-2011 Camera di Commercio di Mantova;
- Universita' di Parma Corso di inglese giuridico "English for Law" 2008.
- 2005 sostenuta e superata la preselezione informatica al concorso notarile.
- 2003 corso di preparazione agli scritti presso la Scuola Notarile “Rolandino Passaggeri” del Consiglio Notarile di Bologna.
- 2003 sostenuta e superata la preselezione informatica al concorso notarile.
- 2000 - 2003 collaborazione con i notai Andrea Finadri, Pierpaolo Barosi di Mantova e Ciro Caccavale di Ercolano.
- 2001 - 2002 sostenuto e superato l’esame per l’abilitazione alla professione di avvocato.
- 2001 sostenuta e superata la preselezione informatica al concorso notarile.
- redazione dell'articolo apparso sulla rivista Notariato n. 2/2000 (ed.Ipsoa) dal titolo “Costruzione su suolo personale del coniuge e conferimento in comunione”.
- 1998 - 2000 pratica notarile presso lo studio del notaio Sabatino Santangelo di Napoli.
- 1997 - 1998 corso per la preparazione al concorso notarile presso la Scuola Notarile “Rolandino Passaggeri” del Consiglio Notarile di Bologna.
- 1997 - 1998 servizio civile presso la segreteria centrale della Soprintenza ai beni Artistici e Storici di Mantova.
HobbyVela, lettura e musica.
Servizio militare
Assolto
Attuale occupazione
avvocato, contitolare dello Studio Legale Miccio Tosoni, Via Chiassi 59, 46100 Mantova

lunedì, maggio 16, 2005

Alfredo Miccio, “Costruzione su suolo personale del coniuge e conferimento in comunione”, in Notariato n. 2/2000 (ed.Ipsoa)

Sentenza, 12-05-1999, n. 04716, sez. 1- PRES Sgroi R- REL Gisotti A- PM Gambardella V (conf.) - BENEDETTINI c. LATTANZI(Cassazione Civile)
FAMIGLIA - MATRIMONIO - RAPPORTI PATRIMONIALI TRA CONIUGI - COMUNIONE LEGALE - OGGETTO - IN GENERE - Costruzione realizzata su un suolo di proprietà esclusiva di uno dei coniugi - Comunione legale del bene - Esclusione - Scrittura privata non autenticata con la quale si conviene che il coniuge proprietario attribuisca all’altro il 50 per cento della costruzione - Validità - Fondamento.

COD.CIV. ART. 163

COD.CIV. ART. 177

COD.CIV. ART. 934

COD.CIV. ART. 1173

La costruzione realizzata da entrambi i coniugi sul suolo di proprietà esclusiva di uno di loro non rientra nella comunione legale dei beni di cui all'art. 159 c.c., con la conseguenza che i coniugi possono legittimamente convenire che il coniuge, titolare esclusivo del manufatto realizzato, anziché adempiere l’obbligazione consistente nel versare all’altro una somma di danaro pari alla metà degli apporti utilizzati nella costruzione, gli trasferisca contrattualmente una quota pari al 50% della proprietà dell'appartamento, sulla base del contestuale riconoscimento "dell'averlo costruito insieme"I.



Il trasferimento di diritti reali immobiliari
II fatto

Due coniugi, in regime di comunione legale dei beni, stipulano nel medesimo giorno due distinti atti: una scrittura privata non autenticata con la quale intendono definire i rapporti patrimoniali esistenti fra loro sino a quel momento e, successivamente, una convenzione matrimoniale con la quale mutano il regime patrimoniale della famiglia, adottando quello della separazione dei beni.

In particolare, nella scrittura privata non autenticata il marito riconosceva alla moglie la proprietà, per una quota di un mezzo, dell'edificio costruito su di un suolo di proprietà esclusiva del primo con lo sforzo economico di entrambe.

Successivamente interviene la separazione personale dei coniugi ed al marito, proprietario del suolo su cui sorge il fabbricato, viene addebitata la responsabilità della separazione stessa. Egli, quindi, adisce l'autorità giudiziaria al fine sentire pronunciata l'invalidità della richiamata scrittura privata non autenticata, sostenendo che il negozio avesse ad oggetto una convenzione matrimoniale modificativa del regime patrimoniale e che tale convenzione fosse nulla, dal momento che l'art. 162 c.c. impone per tali negozi la forma dell'atto pubblico. In secondo luogo, sosteneva ancora il marito, anche qualificando l’atto come una divisione, tale negozio, avendo ad oggetto un bene non in comunione, ma di sua esclusiva proprietà, sarebbe stato nullo per mancanza di causa.

La S.C. rigetta il ricorso del coniuge proprietario del suolo, già soccombente in appello, affermando che, sino al momento in cui fu concluso tale negozio, il fabbricato realizzato apparteneva, per accessione, esclusivamente al coniuge proprietario del suolo, spettando al coniuge non proprietario unicamente un diritto di credito per il contributo prestato. Il coniuge proprietario poteva perciò validamente disporre dell'opera realizzata ed, in particolare, attribuire all'altro coniuge la proprietà di una quota pari ad un mezzo, riconoscendo contestualmente che l'edificio era stato edificato con il contributo di entrambi. Lo strumento giuridico attraverso il quale avviene tale attribuzione è, secondo la massima ufficiale della sentenza, un atto unilaterale a causa atipica, non liberale ma corrispettiva, con effetto costitutivo. Avremo modo di soffermarci in seguito sulla natura giuridica del negozio stipulato dai coniugi, verificando se tale qualificazione, alquanto originale, sia aderente al contenuto della sentenza o se, al contrario, la massima non contenga una erronea sintesi della decisione stessa. Sembra opportuno precisare fin d’ora che, da una attenta lettura del contenuto della sentenza, risulterà chiaro che il negozio stipulato non era un atto unilaterale, bensì un contratto di datio in solutum.

Comunione legale tra coniugi e acquisto per accessione
La decisione in argomento conferma il consolidato orientamento della Suprema Corte[1] sulla questione inerente alla costruzione realizzata durante il matrimonio sul suolo di proprietà esclusiva di uno dei coniugi in regime di comunione legale dei beni. Secondo tale orientamento, il fabbricato appartiene esclusivamente al coniuge proprietario del suolo, poiché le norme in tema di comunione legale fra coniugi non hanno carattere derogatorio rispetto al principio generale dell'accessione. In particolare, l'art. 177, lett. a) c.c., che assoggetta al regime della comunione legale dei beni gli acquisti compiuti dai coniugi durante il matrimonio, non può prevalere rispetto alla disciplina dettata dall’art. 934 c.c.[2], ai sensi del quale il proprietario del suolo acquista la proprietà delle opere costruite sul suo fondo ipso iure al momento dell'incorporazione, senza necessita` di una specifica manifestazione di volontà[3].

La seconda parte dell'art. 934 c.c. stabilisce che l'operatività di tale principio può essere derogata solo da un titolo, corrispondente e conforme ad una manifestazione di volontà del proprietario del suolo, o da una specifica disposizione di legge che attribuisca in tutto o in parte la proprietà del fabbricato ad un soggetto distinto dal proprietario del suolo su cui è stato edificato.

La S.C. ha osservato al riguardo che la locuzione "acquisti compiuti", contenuta nell'art. 177 lett. a) c.c., implica il pregresso espletamento di un'attività negoziale da parte del coniuge, ossia un acquisto a titolo derivativo e non il mero giovarsi di effetti acquisitivi collegati dalla legge al verificarsi di determinati fatti[4].

Per la Suprema Corte l'art. 177 c.c. è, quindi, una norma avente carattere generale, priva di un contenuto precettivo direttamente contrastante con l'acquisto ex art. 934 c.c.. Non viene cioè valutata come una norma che deroghi espressamente e specificatamente all'operatività del principio dell'accessione e tanto meno come una norma idonea a derogarlo implicitamente[5].

La Corte ha inoltre analizzato il rapporto esistente fra gli artt. 934 e 952 da una parte e l'art. 177 lett. a) c.c. dall'altra. In proposito ha ritenuto che l'assoggettamento del fabbricato al regime della comunione dovrebbe necessariamente avvenire prevedendo la costituzione di un diritto di superficie a favore dei coniugi che, però, non trarrebbe origine né dalla legge, poiché l'art. 177 lett. a) c.c. non viene interpretato dalla S.C. quale norma in grado di derogare al principio generale posto dall'art. 934 c.c., né tanto meno da un valido titolo[6], dal momento che non è ravvisabile alcun atto dispositivo del proprietario del suolo, come invece prevede l'art. 952 c.c. in tema di superficie.

Per altro, la dottrina non ha mancato di osservare che, se il fabbricato realizzato in costanza di matrimonio entrasse a far parte dei beni comuni, attrarrebbe alla comunione, per il diritto di superficie, anche il suolo sul quale sorge che, al contrario, dovrebbe restare totalmente estraneo a tale regime, in quanto bene di proprietà esclusiva di uno dei coniugi. L’estensione della comunione anche alle costruzioni edificate sul suolo personale di uno dei coniugi finirebbe, in definitiva, per privare il coniuge proprietario, non solo di una quota pari a metà del fabbricato realizzato, ma anche, nella stessa misura, del diritto di superficie e, comunque, di parte della potenzialità edificatoria del suolo, determinando un’ingiustificata menomazione dei diritti da lui vantati sul medesimo[7]. Detta estensione, in conclusione, realizzerebbe una forma di (inammissibile) esproprio[8] a favore della comunione di un bene, il suolo del coniuge, pur rientrante, invece, fra quelli esclusi dalla comunione ai sensi di legge, ex art. 179 c.c..

L'accessione viene dunque interpretata dalla S.C. come un principio generale dell'ordinamento volto ad assicurare non solo la certezza del diritto, attraverso la forza espansiva connessa al diritto di proprietà, ma anche la sicurezza nella circolazione dei beni immobili, permettendo di individuare con precisione il soggetto legittimato a trasferire i relativi diritti[9].

Pur non facendo sorgere alcun diritto reale, gli apporti resi dal coniuge non proprietario alla realizzazione dell'edificio, che nella fattispecie in esame non sono in discussione, si sostanziano in un diritto di credito nei confronti del coniuge proprietario del suolo, il cui ammontare può variare a seconda che sia stato utilizzato denaro della comunione o, invece, denaro dell’altro coniuge. Così, se per erigere l'edificio e` stato utilizzato denaro della comunione, il coniuge proprietario dell'area, e della costruzione, e` tenuto a restituire le somme prelevate dal patrimonio comune, ai sensi dell'art. 192[10] primo comma c.c.; se, al contrario, e` stato utilizzato denaro di proprietà dell'altro coniuge, questi ha titolo per ripetere le somme ai sensi dell'art. 2033[11] c.c..

Atto unilaterale traslativo a causa atipica-corrispettiva o datio in solutum?
E' giunto il momento di analizzare la natura giuridica del negozio intervenuto tra i coniugi, verificando, in particolare, se sia ammissibile una qualificazione giuridica così ardita ed innovativa, quale si potrebbe rilevare dalla lettura della massima ufficiale[12]: "atto unilaterale a causa atipica, non liberale ma corrispettiva, dall'effetto evidentemente costitutivo, risultante da scrittura privata non autenticata", oppure se essa vada ricondotta entro categorie giuridiche più tradizionali.

Secondo la massima della Suprema Corte, dunque, il marito, proprietario del suolo su cui e' stato edificato l'immobile con l'uguale apporto di entrambi i coniugi, anziché versare una somma di danaro pari alla metà dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione, attribuirebbe unilateralmente alla moglie una quota pari ad un mezzo della proprietà del fabbricato, sulla base del contestuale riconoscimento "di averlo costruito insieme".

Occorre segnalare, tuttavia, che non ricorre anche nel testo della decisione che si commenta la qualificazione presente nella massima. In nessun passaggio del ragionamento seguito dalla S.C. emerge tale innovativa ricostruzione giuridica: il negozio non viene ivi considerato quale "atto unilaterale", ma anzi, espressamente come "contratto".

Un altro punto a favore della configurazione del negozio in termini di contratto discende dal fatto che la sentenza si riferisce ai coniugi, definendoli costantemente quali parti del negozio in questione, dei quali richiama altresì il comune intento, che, nel pensiero della S.C., era quello di "raggiungere un assetto economico globale ed inscindibile".

Anche la parte della decisione ove viene riassunto lo svolgimento del processo di appello, non lascia spazio a dubbi in ordine alla natura contrattuale del negozio, atteso il chiaro riferimento al consenso prestato dai coniugi, quali parti di un contratto: "Osservava la corte di merito, in particolare, in ordine alla censura relativa all'accertamento della comproprietà della casa, che con la scrittura privata del 18/3/81 i coniugi - ... - avevano convenuto che il Benedettini riconosce(va) alla moglie i diritti di proprietà su metà dell'appartamento".

La sentenza, pur non dilungandosi sulla tipologia contrattuale del negozio, del quale non contesta la natura di contratto “a causa atipica” e “corrispettiva” prospettata dalla Corte di appello, sembra fornire qualche spunto per una sua esatta qualificazione, sancendo che "... i rapporti patrimoniali inerenti al bene, …potevano avere, secondo le rappresentazioni delle parti, anche un contenuto obbligatorio (diritti di credito spettanti alla Lattanzi per il contributo prestato)” e che l’atto tra loro stipulato realizzava “un’attribuzione patrimoniale” volta a “definire i rapporti patrimoniali inerenti al bene”. Appare dunque che il negozio al vaglio integri un'ipotesi di contratto di datio in solutum ex art. 1197, con il quale il coniuge debitore attribuisce all’altro la proprietà dell’edificio, anziché adempiere all'obbligazione in danaro gravante a suo carico. Proprio questa sembra la ricostruzione corretta della fattispecie: un contratto a titolo oneroso, ex art. 1197 secondo comma c.c. e dunque tipico, con il quale un coniuge trasferisce all’altro una quota pari alla metà della piena proprietà dell'appartamento, ad estinzione del credito vantato da quest’ultimo e corrispondente alla metà dell'intera spesa occorsa per la costruzione realizzata con il pari apporto economico di entrambi, ovvero alla reintegrazione della comunione legale, ai sensi dell'art. 192 primo comma, qualora l'opera sia stata edificata con danaro della comunione stessa[13].

Questo contratto, bilaterale e corrispettivo[14], è ben lontano dalla qualificazione contenuta nella massima ufficiale, con buona pace di chi vede nel consenso traslativo e nella intangibilità dei patrimoni, due principi indefettibili del nostro ordinamento[15].

Tale conclusione, invece, provocherà il disappunto di chi attende con fiducia che si affermino le istanze provenienti dal mondo dei traffici, che prediligono modelli di circolazione della ricchezza sempre più agili e snelli rispetto allo schema contrattuale. I riferimenti testuali contenuti nella decisione sono, d’altro canto, espliciti nell’affermare la natura contrattuale del negozio ed ampiamente condivisibili.

***

Quanto agli effetti del negozio al vaglio, potrebbe sorgere il dubbio che la quota oggetto del trasferimento cada in comunione, disattendendo così lo scopo perseguito dai coniugi, ove il relativo atto venga concluso in costanza di tale regime patrimoniale[16].

In senso contrario, sembra sostenibile che, in ogni fattispecie come quella del caso in esame, il diritto trasferito con la datio in solutum mantenga la qualifica di diritto personale del coniuge creditore ai sensi dell’art. 179 lett. f) c.c., in quanto, così come nella permuta[17], il trasferimento viene realizzato con lo scambio di un diritto personale di quest’ultimo, quale è quello di vedere reintegrata la comunione legale ovvero di ottenere la restituzione del denaro personale utilizzato nella costruzione.

Anche in tale fattispecie può inoltre reputarsi superflua la dichiarazione prescritta dal secondo comma dell’art. 179 c.c., in analogia con quanto, secondo l’opinione seguita anche dalla giurisprudenza[18], si afferma in riferimento alla permuta, per la quale si è negato l’applicazione di tale norma in considerazione della obiettiva certezza della natura personale dell’acquisto.

Nel caso di specie il trasferimento della quota di un mezzo del fabbricato determina il sorgere di una comunione ordinaria trai coniugi, tuttavia, in generale non è escluso che i medesimi, se non avessero proceduto alla contestuale separazione dei beni, si potessero accordare nel senso di assoggettare l'intero bene alla comunione legale.

Deve inoltre segnalarsi che, se è vero che i coniugi concorrono in pari misura alla costruzione dell'edificio, è pur sempre uno solo di essi che, quale proprietario del suolo, rende lo stesso disponibile per la costruzione. Nella fattispecie in esame, tuttavia, come si evince dal primo comma dell'art. 1197 c.c., la prestazione in luogo dell'adempimento può avere anche un valore superiore alla prestazione originaria. In tal caso sarà dunque solo questione di accertare se nella fattispecie ricorra anche il profilo di una donazione indiretta.

Modalità di perfezionamento del contratto di datio in solutum avente ad oggetto beni immobili
Il caso in esame richiama alla mente, per affinità di materia, quello deciso dalla S.C. con la sentenza del 21 dicembre 1987 n. 9500[19], nella quale si è ritenuto che anche un negozio, avente ad oggetto il trasferimento di un bene immobile, possa ricondursi alla categoria del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente. Nella fattispecie si trattava dell’adempimento di un obbligo giuridico di mantenimento, derivante da un accordo in sede di separazione coniugale consensuale, con il quale già in quella sede una delle parti si impegnava a trasferire un determinato immobile. Con tale pronuncia la S.C., ampliando l’ambito di applicabilità dell’art. 1333 c.c., ha sostenuto che la sola proposta del coniuge, che si adoperava per la realizzazione del trasferimento convenuto, fosse sufficiente a perfezionare il contratto ove non seguita dal rifiuto del suo destinatario.

Questa decisione offre lo spunto per indagare in ordine alla possibilità che anche il contratto di datio in solutum, del tipo esaminato nella sentenza che qui si annota, possa perfezionarsi per mezzo del meccanismo della sola proposta non seguita dal rifiuto del suo destinatario.

Sembra opportuno rammentare che, in generale, l'applicabilità dell'art. 1333 c.c. ai negozi traslativi di diritti reali immobiliari risulta assai controversa[20]. L’opinione contraria si fonda su considerazioni di carattere sia letterale, che sistematico. Si ritiene così che la lettera della legge limiti l’operatività del procedimento ex art. 1333 c.c. ai soli contratti con effetti obbligatori. Si sottolinea inoltre che, in quanto liberalità, un atto traslativo non oneroso, dovrebbe rivestire la forma della donazione[21], cosicché non vi sarebbe spazio per il procedimento semplificato al vaglio.

A ben vedere, entrambe le obiezioni non paiono in via di principio insuperabili, ove si rammenti che la lettera della legge può subire temperamenti, in considerazione della ratio che la norma esprime, e si ipotizzino atti traslativi non onerosi non riconducibili alla donazione.

Si sostiene, in fine, che la proprietà di un immobile, in ragione degli oneri e dei possibili pregiudizi che comporta, richiede, in osservanza al principio di intangibilità della sfera giuridica altrui, non solo la manifestazione di volontà del soggetto che compie il trasferimento, ma anche la manifestazione di volontà del soggetto che lo riceve, non potendosi qualificare il silenzio[22] richiesto dall’art. 1333 c.c. quale manifestazione tacita di accettazione[23].

Anche l’opinione testé riportata non risulta, però, esente da critiche, in quanto si rilevi che il negozio di trasferimento del diritto di proprietà, a titolo non oneroso, non è suscettibile di produrre in via immediata conseguenze pregiudizievoli per il beneficiario e che queste, semmai, sono riconnesse al negozio unicamente in via indiretta, inerendo, piuttosto, direttamente al diritto di proprietà trasferito[24].

L’anzidetta pronuncia, qualificando l’atto traslativo come un negozio a carattere esecutivo, in quanto atto estintivo di un precedente credito, afferma dunque che questo possa concludersi per mezzo del procedimento ex art. 1333 c.c., reputando sufficiente che, trattandosi di un trasferimento immobiliare, la forma scritta, ex art. 1350 c.c., sia rispettata nella sola proposta.

Come si è appena accennato, il caso analizzato dalla Corte nel 1987 prendeva in esame una ipotesi di pagamento traslativo[25]. Tale negozio è caratterizzato dalla sua corrispondenza ad un precedente programma negoziale del quale si configura come una mera esecuzione[26]. Trattando del negozio in questione, la dottrina parla di causalità esterna, ma anche di neutralità causale[27], volendo con questi termini, per un verso, evidenziare la sudditanza ontologica del negozio esecutivo rispetto al negozio principale causalmente orientato, con la conseguenza che il venir meno del secondo investe in pieno anche il primo, per un altro, far risaltare l’inesistenza nella causa solvendi di una connotazione diversa da quella solutoria[28], dal momento che il negozio esecutivo non può che conformarsi a quanto già stabilito dal negozio principale.

Dal momento che il pagamento traslativo deve corrispondere ad un programma negoziale convenuto tra le parti, tale negozio non comporta alcun sacrificio a carico di chi lo riceve[29]. Il pagamento traslativo, in altre parole, pur non potendo qualificarsi come atto gratuito, data la sua natura di atto solutorio presenta, tuttavia, forti analogie, sotto il profilo che qui interessa, con un contratto a titolo gratuito.

E’, dunque, proprio in considerazione della circostanza che esso non determina alcuno svantaggio a carico del suo destinatario, che anch’esso deve ritenersi suscettibile di perfezionamento per mezzo dell’iter disciplinato dall’art. 1333, il quale, riferendosi letteralmente ai contratti dai quali “derivino obbligazioni solo per il proponente”, deve giustamente interpretarsi come rivolto a tutti i contratti nei quali il destinatario della proposta non è tenuto a sopportare sacrifici in conseguenza del perfezionando contratto[30].

Il procedimento di perfezionamento unilaterale del negozio, illustrato poc’anzi, non sarebbe stato viceversa applicabile al caso deciso dalla sentenza che qui si annota[31]: il contratto di datio in solutum, infatti, pur avendo un effetto solutorio, si caratterizza, come già evidenziato, per la intrinseca corrispettività[32]; la circostanza che, nella datio in solutum, il debito si estingua con l’esecuzione di una prestazione diversa da quella originariamente programmata, comporta che la fattispecie non possa ritenersi soltanto vantaggiosa per il creditore, poiché l’accordo, determinando una rimeditazione dell’originario assetto di interessi fra le parti, importa comunque a carico del creditore “la perdita” della prestazione originaria e dunque un suo sacrificio suscettibile di valutazione economica.

La stessa Suprema Corte ha avuto modo di pronunciarsi in argomento[33], sancendo in modo chiaro ed univoco l’incompatibilità fra un atto traslativo che si richiami alla disciplina dell’art. 1333 c.c. ed il contratto con il quale si realizza una datio in solutum ex art. 1197 c.c.. La S.C. ha osservato che nell'art. 1333 c.c. la formazione del contratto avviene per mancato rifiuto da parte del destinatario della proposta, unicamente perché per lo stesso possono derivare soltanto vantaggi dal contratto medesimo. Tale disposizione, sempre secondo il pensiero della Suprema Corte, deve essere intesa nel senso che, nell’ambito del contratto, non solo gli effetti obbligatori, ma anche gli eventuali effetti dispositivi o estintivi devono essere ad esclusivo carico del proponente. In conseguenza, conclude la S.C., lo schema indicato dall’art. 1333 c.c. non e' applicabile ad un’ipotesi di datio in solutum, poiché questa, pur non comportando alcun effetto obbligatorio a carico del creditore - destinatario della proposta - importa, tuttavia, per lo stesso, l'effetto estintivo del credito di cui e' titolare, non già come conseguenza del suo adempimento, bensì come risultato di una prestazione di contenuto o di tipo diverso, qualificando in tal modo il negozio come un contratto con effetti a carico di entrambi i contraenti.

Può allora essere utile soffermarsi rapidamente sulla configurabilità di un contratto, avente ad oggetto una prestazione in luogo dell’adempimento, nel quale le parti abbiano espressamente differito l’esecuzione della diversa prestazione, nel caso di specie dell’atto traslativo, ad un momento successivo. Ci si riferisce all'ipotesi di un accordo di datio in solutum a cui faccia seguito un pagamento traslativo.

La questione riveste carattere prevalentemente teorico - ricostruttivo, in quanto, dalla lettura della sentenza, non emerge affatto che il trasferimento fosse già previsto in un precedente accordo tra i coniugi, prodromico all’atto traslativo, e tanto meno che tale accordo avesse il necessario requisito della forma scritta e, tuttavia, merita comunque un cenno in quanto è ancora una volta in discussione l’applicabilità dell’art. 1333 c.c. ad un atto traslativo, potenzialmente idoneo ad inserirsi anch’esso in una operazione di riassetto patrimoniale fra i coniugi.

L’accordo ipotizzato, secondo l’opinione prevalente[34], sebbene non incontrastata, non può qualificarsi come una ipotesi di datio in solutum. Il contratto in parola, infatti, consiste in una estinzione del debito che, per espressa disposizione di legge, avviene sempre con l’esecuzione della diversa prestazione la quale, pertanto, deve essere eseguita nel momento stesso in cui il negozio è concluso.

La dottrina sottolinea, sotto questo profilo, come tale fattispecie si caratterizzi per una sorta di realità impropria[35], che non si concretizza nella consegna - traditio di un bene, ma nella necessità che le reciproche attribuzioni patrimoniali siano contestuali, permettendo l’immediato effetto estintivo della obbligazione. In caso contrario, se dunque si scindesse l’accordo modificativo dell’oggetto della obbligazione ed il conseguente adempimento, non si sarebbe più in presenza di una ipotesi di datio in solutum, ma di fronte ad una novazione oggettiva[36], nella quale, grazie al necessario animus novandi, l’originaria obbligazione viene sostituita da una nuova con un oggetto o un titolo diversi, oppure, in assenza dell’animus novandi, dinanzi ad un accordo solutorio[37] non riconducibile comunque all’art. 1197 c.c..

Alla stregua delle considerazioni svolte, quale che sia la natura dell’accordo anteriore al successivo atto di adempimento traslativo, tale atto, in quanto meramente esecutivo del programma negoziale posto in essere dalle parti, sembra senz’altro perfezionabile secondo il meccanismo semplificato sancito dall’art. 1333 c.c. Il meccanismo è questa volta percorribile, al contrario di quanto affermato in precedenza, proprio in virtù della presenza, nell’ipotesi prospettata, di un accordo, precedentemente intercorso fra le parti, da cui l’atto traslativo trae origine e causa.

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Ritornando allo specifico tema del rapporto fra il regime di comunione legale e l’acquisto del fabbricato per accessione in capo ad uno solo dei coniugi, è bene ricordare che la dottrina non ha mancato di prospettare una soluzione attraverso la quale attribuire il fabbricato ad entrambi i coniugi con un atto unilaterale, senza, nel contempo, intaccare il principio acquisitivo dell'accessione. L'atto unilaterale è stato configurato come un atto abdicativo[38], con il quale il coniuge, proprietario del suolo su cui è stato edificato l'immobile, rinunzia all'acquisto per accessione, consentendo così che il bene sia assoggettato al regime della comunione legale.

Tale procedimento, che implica l’esistenza di un rapporto di residualità fra l'art. 177 lett. a) e l'art. 934 c.c., non sembra però realizzabile, in quanto lo schema operativo indicato dall’art. 177 lett. a) c.c. impone, perché il bene entri in comunione, che il coniuge “compia” l’acquisto, mentre, se il coniuge rinuncia al diritto di proprietà, egli non acquista alcunché e il bene non può in nessun caso essere assoggettato al regime di comunione ex art. 177 lett. a) c.c..

In altri termini, la rinuncia all’acquisto per accessione, da parte del coniuge proprietario del suolo, determina la sola dismissione del diritto del coniuge rinunciante, senza che tale effetto possa comportare l’acquisizione del bene in capo ai coniugi in regime di comunione legale.

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Una volta chiarito che l’atto, esaminato dalla S.C. con la sentenza in commento, è un contratto di datio in solutum che richiede, per il suo perfezionamento, il consenso di entrambe le parti, è il caso di fare qualche accenno ai requisiti formali e strutturali che lo caratterizzano.

Come già detto, tale negozio, avendo ad oggetto diritti immobiliari, doveva rivestire la forma scritta. Deve evidenziarsi, inoltre, che il trasferimento trova giustificazione nel precedente debito, che ne costituisce il presupposto e ne integra la causa. In ossequio al principio di diritto positivo della causalità degli atti negoziali il debito deve, quindi, risultare dal negozio medesimo (expressio causae).

Altri elementi necessari alla validità dell'atto sono, da una parte, la volontà del coniuge debitore di effettuare il trasferimento, di una quota pari ad un mezzo della piena proprietà, al fine di estinguere l'obbligazione originaria, consistente nella reintegrazione della comunione legale ovvero nel pagamento della somma spettante al coniuge non proprietario, dall'altra, la volontà del coniuge creditore di accettare a tale titolo la diversa prestazione.

In fine, pur essendo di ovvio rilievo, può essere interessante, per i rilevanti riflessi pratici che ne derivano, sottolineare che il contratto di datio in solutum di cui si discute, in quanto avente ad oggetto diritti reali immobiliari, nella fattispecie il trasferimento di una quota di un mezzo della proprietà di un fabbricato, deve contenere le menzioni di cui alla legge n. 47 del 28 febbraio 1985 e n. 165 del 26 giugno 1990.

Quanto alle menzioni di carattere fiscale, l’attestazione dell’alienante, di avere o meno inserito il reddito fondiario dell’immobile nella propria dichiarazione dei redditi, dovendo assumere, a pena di nullità, la veste di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, postula necessariamente l’intervento del pubblico ufficiale, cosicché risulta esclusa la possibilità di concludere il contratto per scrittura privata non autenticata[39].

La circostanza che, nel caso deciso dalla sentenza in commento, il contratto traslativo fosse rappresentato da una scrittura privata non autenticata e che ciò non sia stato evidenziato dalla Corte, deriva dal fatto che la scrittura risaliva al 18 marzo del 1981 e, dunque, era stata sottoscritta in data anteriore all’entrata in vigore delle citate leggi.













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I Così invece la massima ufficiale: La costruzione realizzata da entrambi i coniugi sul suolo di proprietà esclusiva di uno di essi non rientra nella comunione legale dei beni di cui all'art. 159 c.c., con la conseguenza che il coniuge titolare esclusivo del manufatto così realizzato può, del tutto legittimamente, attribuire all'altro coniuge, con atto unilaterale risultante da scrittura privata non autenticata (atto a causa atipica, non liberale ma corrispettiva, dall'effetto evidentemente costitutivo), il diritto di proprietà sul 50% dell'appartamento, sulla base del contestuale riconoscimento "dell'averlo costruito insieme".

[1] V. Cass. 22 aprile 1998, n.4076, in Cass. Ced; Cass. 27 gennaio 1996, n. 651, in questa Rivista, 1996, 427, con commento di Cenni ed in Vita not., 1996, 742, con commento di Coco; Cass. 25 novembre 1993, n. 11663, in Giust. civ., 1994, I, 676; Cass. 16 febbraio 1993, n. 1921, in Riv. not. 1993, 6, 1226; Cass. 14 marzo 1992, n. 3141, in Riv. not., 1992, 848, con commento di Serino ed in Giust. civ., 1992, I, 1734, con commento di Finocchiaro; Cass. 11 giugno 1991, n. 6622, in Riv. not., 1991, 1001, con motivazione ed in Giust. civ., 1992, I, 763, con commento di Di Mauro.

[2] La posizione della S.C. è stata inizialmente accolta con scetticismo dalla dottrina; in senso critico si vedano ad esempio: Bottazzi, Acquisti per accessione e comunione legale fra coniugi, in Riv. not., 1993, II, 793; Buta, Acquisto per accessione e comunione legale tra coniugi, in Giust. civ., 1994, II, 625. Per una esauriente analisi delle posizioni assunte in dottrina, v. Briganti, Il problema della proprietà dell'edificio realizzato su suolo personale di uno dei coniugi in regime di comunione legale, in questa Rivista, 1995, 69 ss.

[3] Non è questa la sede per soffermarsi sulle modalità operative dell'accessione, per un primo approfondimento, si veda Bianca, Diritto civile, VI, La proprietà, Milano, 1999, 348 ss.

[4] V. in particolare, Cass.14 marzo 1992, n. 3141, op. cit., 1734, con commento di Finocchiaro, il quale critica tale assunto, osservando che è arbitrario ritenere che solo gli acquisti a titolo derivativo rientrino nella comunione.

[5] V. in particolare, Cass. 11 giugno 1991, n. 6622, op. cit., 1001.

[6] V. in particolare, Cass. 16 febbraio 1993, n. 1921, in Giust. civ., 1995, I, 237, con commento di D’Armi.

[7] Il diritto di proprietà sul suolo non può essere snaturato dall'assoggettamento della nuova opera al regime della comunione, ex art. 177 lett. a) c.c., poiché in tal modo verrebbe lesa una delle principali facoltà che qualificano la proprietà ex art. 832 c.c.: lo ius aedificandi (D'Armi, op. cit., 243).

[8] v. Corsi, Accessione e comunione legale, in Riv. not., 1992, II, 1391.

[9] In dottrina si evidenzia che, se non fosse l'accessione a prevalere, ma, al contrario, l'assoggettamento del bene al regime della comunione ex art. 177 lett. a), la proprietà, e quindi la legittimazione ad alienare il bene, si dovrebbero desumere da una mera circostanza di fatto, quale il momento della costruzione dell'immobile che non è sempre di facile individuazione, come nel caso di un fabbricato ultimato a cavallo del matrimonio, v., ampiamente, Corsi, op. cit., 1398; Di Transo, Comunione legale tra coniugi e acquisto per accessione, in Vita not., 1978, 1269.

[10] Nel caso in esame, per altro, il coniuge creditore non potrebbe, in caso di inadempimento del coniuge debitore, aggredire l’immobile in forza del quinto comma dell’art. 192, laddove, si ripete, il bene acquistato per accessione è un bene personale.

[11] V. in particolare, Cass. 14 marzo 1992, n. 3141, op. cit., 1731.

[12] Si veda la nota “I” in apertura.

[13] Dalla sentenza in commento non si evince se, per la costruzione, sia stato utilizzato denaro personale dell’altro coniuge (per la metà della spesa complessiva) o danaro della comunione. Nel caso di specie sembra verosimile che l’edificio sia stato realizzato con danaro appartenente alla comunione, che, di regola, dovrebbe essere reintegrato, a norma dell’art. 192 quarto comma c.c. nel momento dello scioglimento della comunione. Vale precisare che l’anticipata esecuzione (della prestazione in luogo dell’adempimento), ad un momento anteriore allo scioglimento(v., tuttavia, infra nt. 16), è perfettamente legittima anche senza l’autorizzazione del giudice, prevista dalla seconda parte della norma citata, poiché tale intervento giurisdizionale è necessario solo in caso di disaccordo fra i coniugi, potendo gli stessi, di comune accordo, regolare come meglio credono i loro rapporti patrimoniali. V. Mastropaolo - Pitter, art. 192 Rimborsi e restituzioni, in Comm. al dir. it. della famiglia, diretto da Cian - Oppo - Trabucchi, Padova, 1992, 356 ss.

[14] Il contratto in parola è a titolo oneroso e persegue un fine tipico attraverso reciproche attribuzioni patrimoniali, una delle quali consiste nella liberazione del creditore dalla originaria prestazione. In argomento v. Marchio, Dazione in pagamento, in Enc. Giur., X, Roma , 1988, 1 ss.; Rodotà, Dazione in pagamento (diritto civile), in Enc. dir., XI, Milano, 1962, 734 e ss.; Zaccaria, La prestazione in luogo dell'adempimento tra novazione e negozio estintivo del rapporto, Milano, 1987, 100.

[15] V., se pur con toni e impostazioni differenti, Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 2000, 264 ss.; Carresi, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. e comm., diretto da Cicu - Messineo, Milano, 1987, II, 700 ss.; Donisi, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, Napoli, 1972, 122 ss.; Sacco, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. it., diretto da Vassalli, Torino, 1975, 34 ss., 626; Scognamiglio, Contratti in generale, Milano, 1975, 167.

[16] Il problema non si pone ogni qual volta i coniugi procedano prima alla separazione e poi all’atto traslativo, avente ad oggetto il bene personale. Nel caso in esame in cui, al contrario, l’atto di trasferimento precede immediatamente l’atto con cui le parti mutano in separazione il regime patrimoniale della famiglia, si può ipotizzare che il trasferimento sia, per implicito, sospensivamente condizionato alla stipula della convenzione matrimoniale di separazione.

[17] In dottrina si rileva che lo scambio di un bene personale, di cui all’art. 179 lett. f) c.c., deve “intendersi con particolare ampiezza, in modo da ricomprendervi non soltanto i cespiti acquisiti a mezzo del tipico contratto di permuta, ma anche ad esempio... i cespiti ricevuti per una datio in solutum ...”, v. Radice, La comunione legale tra coniugi: i beni personali, in Il diritto di famiglia, tratt. diretto da Bonilini - Cattaneo, Torino, 1997, 149.

[18] V. Cass. 8 febbraio 1993, n. 1556, in Giust. Civ., con nota critica di Finocchiaro.

[19] Cass. 21 dicembre 1987, n. 9500, in Giust. civ., 1988, I, 1237, con commento di Costanza ed in Corriere giur., 1988, 144, con commento di Mariconda.

[20] Branca, Promesse unilaterali, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 1959, 351; Carresi, Il contratto con obbligazioni del solo proponente, in Riv. dir. civ., 1974, I, 393 ss.

[21] Il contratto di donazione si caratterizza oltre che per la presenza dell’animus donandi, per la necessaria forma pubblica non solo della proposta, ma anche dell’accettazione ex art. 782 c.c.. Sull'eccezione rappresentata dalla donazione obnuziale ex art. 785, v. Sacco, op. cit., 43; Carnevali, Le donazioni, in Tratt. di dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, 436; Torrente, La donazione, in Tratt. di dir. civ. e comm., diretto da Cicu - Messineo, Milano, 1956, 239 ss.

[22] In dottrina si sottolinea, sotto il profilo consensualistico, la neutralità del silenzio non circostanziato, v. Bianca, op. cit., Il contratto, 214.

[23] Anche quella parte della dottrina che, nell’ambito della teoria del contratto, mantiene un atteggiamento aspramente critico nei confronti del dogma dell'accordo, non tralascia di sottolineare che la bilateralità appare essenziale per la produzione di effetti reali. V. Sacco, op. cit., 15 ss.

[24] Esistono profonde simmetrie fra il procedimento contrattuale disposto dall’art. 1333 c.c. e quello stabilito dall’art. 1411 c.c., in quanto in entrambe i casi gli effetti del negozio si producono senza che la volontà del beneficiario sia espressa. In relazione all’ambito di applicazione, la dottrina, pur non essendovi accordo unanime, ritiene che il contratto a favore di terzo sia estensibile al trasferimento di diritti reali, v. Sacco, Il contratto, in Tratt. dir. civ., diretto da Sacco - De Nova, Torino, 1993, 213.

[25] Esempi tipici sono: il negozio con il quale il mandatario senza rappresentanza trasferisce al mandante il bene acquistato, a norma del secondo comma dell’art. 1706 c.c.; il legato di cosa di terzo ex art. 651, primo comma c.c.. In argomento v. Giorgianni, Natura del pagamento e vizi di volontà del solvens, in Foro Pad, 1962, I, 719; Moscati, Pagamento dell'indebito, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 1981, 200.

[26] Nella fattispecie esaminata dalla sentenza in parola il programma negoziale è contenuto nel verbale di separazione consensuale.

[27] V. Camardi, Vendita e contratti traslativi, Milano, 1999, 105 ss.; Di Majo, Adempimento dell'obbligazione, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 1998, 18.

[28] Un negozio a causa solvendi può intervenire anche in attuazione di un precedente negozio di liberalità, in questo senso, tra gli altri, v. Di Majo, op. cit., 4.

[29] Non può sfuggire che il pagamento traslativo, per essere tale ed estinguere così l’originaria obbligazione, dovrebbe essere perfettamente aderente la programma negoziale precedentemente stabilito dalle parti, se così non fosse, non vi sarebbe adempimento e quindi neppure estinzione della obbligazione.

[30] V. Tilocca, Onerosità e gratuità, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1953, 53.

[31] V. Bianca, op. cit., Il Contratto, 263.

[32] Si veda quanto riportato in nt. 14.

[33] V. Cass. 30 giugno 1987, n. 5748, in Giust. civ., 1988, I, 1023; Chessa, I limiti di applicabilità del procedimento di formazione del contratto ex art. 1333 c.c., in Riv. giur. sarda, 1990, 325; Tului, Datio in solutum immobiliare e tecnica procedimentale di cui all'art. 1333 c.c., in Riv. giur. sarda, 1988, 1.

[34] V. Rodotà, op. cit., 737; Zaccaria, nel commento all’art. 1197, in Comm. breve al cod. civ., a cura di Cian - Trabucchi, Padova, 1997.

[35] V. Rodotà, op. cit., 736;

[36] V. Rodotà, op. cit., 737; contra, per la configurabilità di un semplice accordo di datio in solutum, che, però, non è immediatamente estintivo della originaria obbligazione, si veda Bianca, Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1998, 432 ss.

[37] La dottrina qualifica tale accordo come un patto che legittima il debitore a compiere in futuro una prestazione diversa da quella originariamente convenuta, v. Perlingieri, Dei modi di estinzione diversi dall’adempimento, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 1975, 92 ss.

[38] V. Di Mauro, op. cit., 765. Sulla configurabilità di un atto di rinunzia avente ad oggetto la proprietà immobiliare, v. Bianca, op. cit.,, La proprietà, 406.

[39] Come è noto, per le menzioni urbanistiche di cui alla legge n.47/1985, invece, la dichiarazione, che garantisce la regolarità dell’edificazione del fabbricato, deve rivestire la forma di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio solo nel caso in cui l’alienante, anziché citare le licenze edilizie in virtù del quale è stato edificato l’immobile, attesti che il fabbricato trasferito è stato edificato anteriormente al primo settembre 1967.

domenica, maggio 15, 2005

La Prima barca in legno non si scorda più

Mantova, 5 maggio 2003
All’inizio di tutto ci fu un Gin Fizz, l’emozione intensa di scoprire che issate le vele e spento il motore la barca potesse procedere ancora, via via meno goffa, sempre piu’ slanciata, in sintonia perfetta con il ritmo delle onde. L’abbrivio di un motore diesel, tanto rassicurante in certi frangenti, a sedici anni, divenne per me qualcosa di assolutamente lontano e inconciliabile con la magia del vento. Certo il mare lo avevo già conosciuto. Mio padre mi ha insegnato ad amarlo e, con orgoglio, a volte mi ricorda che fra le cose che sente davvero di avermi trasmesso c’è l’amore per il mare, trasmessomi da bambino, a bordo di una lancia a motore di nome “Alba” con cui, insieme a mia sorella Barbara, scorrazzavamo felici per la costiera Amalfitana, abbagliati dalla sua lussureggiante bellezza. Sono state estati di mare totale, di giorni passati dentro e fuori dall’acqua, di un sole accecante che pero’, strano a dirsi oggi, non scottava mai. Nell’acqua di mare si faceva ammorbidire il pan biscotto per l’insalata con i pomodorini ed il tonno; dopo Erchie, vicino alla scogliera a picco sul mare, accanto al faro bianco si raccoglievano i frutti di mare, mio padre in mare con il coltello ed io in barca a remare per tenere la barca lontano dagli scogli. Rammento che allora quella raccolta mi annoiava, adesso, quei ricordi suscitano in me emozioni forti, per non parlare di quanto ho imparato sul moto del mare vicino agli scogli e sulla perizia necessaria per remare senza faticare. Di notte, poi, si usciva a pescare, ma la pesca all’epoca non mi interessava gran che, l’emozione vera era uscire dal porto di notte, vedere l’acqua nella scia della barca, sotto l’influsso dell’incantesimo notturno, colorarsi di sfavillanti lampi verdi fosforescenti e il cielo perforato di stelle a farci compagnia. Andava sempre a finire allo stesso modo: appena agguantata l’ancora, messa l’esca e lasciati filare i lentini mi addormentavo placidamente, cullato dalle onde.
La passione per la vela è venuta dopo, a sedici anni appunto, grazie ad Enrico, è lui che mi ha portato in barca per la prima volta con quel Gin Fizz. A pensarci bene, non lo mai ringraziato per questa straordinaria scoperta, ma gli sono ancora assai riconoscente e del resto come potrei non esserlo, grazie alla vela ho conosciuto degli amici grandiosi e carissimi: Luca e Matteo quasi subito e poi tanti altri, difficilmente in barca a vela mi è capitato di incontrare persone sgradevoli o antipatiche. Dopo quell’esperienza c’è stato il periodo della passione maniacale e la decisione che la patente nautica sarebbe stata mia appena avessi raggiunto la maggiore età. Detto fatto, ancora prima di acquisire la patente stradale avevo già l’abilitazione vela e motore oltre le 6 miglia dalla costa. Mi ricordo le serate passate alla Lega Navale di Mantova, le corse in bici per raggiungere la sede dove si tenevano le lezioni teoriche, l’apparente facilità con cui apprendevo le tecniche per la navigazione stimata, io che non amo e non amavo assolutamente la matematica, grazie alla passione travolgente, riuscivo bene nelle esercitazioni, tanto da avere compagni di studio ben più anziani e qualificati che mi chiedevano aiuto; ancora oggi mi sembra impossibile. Ad una di quelle lezioni si presentò un ragazzo sulla trentina dai capelli ricci e lunghi, sembrava appena sceso da un bastimento: indossava un giaccone Henry Loid con il bavero alzato ed aveva quell’aria assente tipica, l’avrei imparato dopo, di chi ama cercare coi piedi un appoggio sicuro in pozzetto piuttosto che camminare agevolmente a terra. Era venuto a offrire la sua barca per delle uscite sul lago di Garda, nelle quali avremmo imparato a dovere le manovre necessarie per sostenere l’esame pratico a Savona, in particolare il recupero dell’uomo in mare a vela. Mi ricordo ancora la partenza da Mantova, una nebbia lattiginosa avvolgeva tutta la città, all’arrivo sul Lago, invece, la sconvolgente scoperta: lì regnava in un dolce tepore primaverile una bella brezza tesa. La barca era in legno sui 25 – 30 piedi, con il timone a barra, senza avvolgi fiocco, con una linea filante e la coperta bassa.
Armammo le vele e uscimmo dal porticciolo. Di quella veleggiata mi ricordo la sensibilità dell’armatore, il ragazzo, mentre preparava il caffè in dinette, sapeva dirci, ascoltando le vele e lo sciabordare dell’acqua sullo scafo, la nostra attuale andatura e dove stavamo immancabilmente sbagliando, a me sembrava un stregone; ricordo anche la mia poca dimestichezza con la sensibilità sopraffina della barra, l’avrei apprezzata tanti anni dopo, con gustosa ebbrezza, sul 470 nelle uscite estreme con Nicola dall’altra parte del Lago, a Castelletto di Brenzone.
Passano gli anni, in mezzo ci sono tante estati passate in barca, tanti ricordi fatti di mare, di vele che schioccano, di vento caldo che arriva da terra al tramonto, profumato e inebriante dopo l’adrenalina del solleone, ma il ricordo di quei primi passi non mi ha mai abbandonato e quella barca in legno mi è rimasta stampata nella testa. In una mattina d’inverno rivedo la stessa barca, quella delle mie prime manovre sul Garda, ormeggiata al Porto Catena sul lago di Mantova, presso i pontili della Lega Navale, non in buonissime condizioni, ma ancora armata e da allora, passando dal Lungo Lago, non posso non pensare a tutto quello che quella barca rappresenta per me.
Un giorno mi capita di vedere la barca fuori dall’acqua in un invaso, coperta da teli: sono felice, penso che sarà sistemata per bene per poter veleggiare ancora. Da quel momento però resterà lì, disarmata e morente e i teli col tempo spariranno
Durante le mie corse serali lungo il lago, che faccio quando il tempo me lo permette e la pigrizia non mi assale, inizio così a fantasticare, a pensare a quanto sarebbe bello acquistarla quella barca, sistemarla poco a poco e darle la possibilità di avere una seconda giovinezza. Questo viaggio mentale mi accompagna spesso, ne parlo anche con Silvia, penso a tutti i problemi che dovrei affrontare, alla mia totale inesperienza in fatto di barche in legno ed al loro recupero, alle spese che dovrei sostenere, ma niente, la barca delle mie prime uscite sul Garda fa ancora capolino tra i miei pensieri. Questa sera dopo la consueta corsa serale, mentre mi accingo a tornare a casa, mi affaccio per l’ennesima volta sul canale di Porta catena, e la vedo ancora lì nell’invaso, inizio allora il mio consueto sogno ad occhi aperti, ma questa volta decido di vincere quella ritrosia che mi ha sempre impedito in questi mesi di fare un sopralluogo sul posto. Voglio rendermi conto da vicino dello stato dello scafo, smettendo una buona volta di guardare quella barca da lontano, in preda alle mie elucubrazioni, rompendo il velo dei sogni e passando dalla fantasia ai fatti.
Prendo la bici, attraverso la strada e sono dall’altra parte, scendo verso il lago e dietro una pianta ecco l’invaso e la fine delle mie illusioni, del mio sogno ad occhi aperti: la barca ormai è in rovina, abbandonata al suo destino, c’è un grosso squarcio a prua sul lato di dritta, la parte dello scafo vicino alla deriva è tutta crepata e, sempre sul lato di dritta, manca un intero spicchio dello specchio di poppa. Sono deluso e triste, il legno squarciato, aggredito dalle formiche, mi innervosisce e mi addolora, mi sembra di essere dinanzi ad un animale ferito che aspetta il colpo di grazia. Sarebbe meglio smantellarla piuttosto che lasciare che il tempo lentamente la risucchi via, farla marcire così è un’ingiustizia. Solo in quel momento mi rendo conto di come e quanto le barche il legno siano diverse dalle altre, la sensazione di essere accanto a qualcosa che un tempo aveva un anima, qualcosa di vitale è intensissima, quasi sconcertante. Accarezzo lo scafo scrostato, cerco di riprendermi, senza abbandonarmi a inutili sentimentalismi, ma poi vedo che tutto quello che si poteva asportare non c’è più: dalle luci di navigazione alla bussola, dai winch a tutto l’armo dell’albero, solo l’elica abbattibile, chiusa, fa bella mostra di sé a poppa e mi risale il magone. Dove sarà finito il ragazzo dal Giaccone con bavero alzato? Oggi, dopo quasi 13 anni, mi ritrovo alla età che lui presumibilmente aveva quando facevamo quelle prime uscite sul Lago di Garda, la sua barca giace qui a morire e a me piacerebbe tanto avere un amico che si intende di restauro, per capire se davvero la mia impressione è corretta e la barca è spacciata o se, invece, è possibile recuperarla e con quali costi. Ritorno a casa, ma continuo a pensare alla barca ed al mio passato, a come il mare e la vela mi sono entrati nelle vene, tra poco meno di due mesi nascerà mio figlio, spero di riuscire a trasmettergli questo amore che mi porto dentro.

martedì, maggio 10, 2005

Il significato del nome "Alfredo"

Il significato del nome "Alfredo": ci sono varie ipotesi sull'origine di questo nome, potrebbe derivare dal germanico alda ("anziano, saggio") o athala ("nobiltà") e frithu ("pace"), e significare quindi "saggio nella pace" oppure "nobile nella pace". Oppure potrebbe risalire al sassone aelf "elfo" e raed "consiglio, assemblea": in questo caso il significato sarebbe "consiglio degli elfi" oppure "uomo ben consigliato e ispirato".

lunedì, maggio 09, 2005

"Ascoltando Paolo Conte" di Alfredo Miccio

"Ascoltando Paolo Conte[1]"
fugaci notazioni sulla musica di un Maestro della canzone d’autore
di Alfredo Miccio, articolo apparso sul primo numero della rivista "Tono Minore" novembre 1996

La Canzone Anfibia
Per parlare di Conte, i rigidi schematismi della storia e le sue causalità minacciose sembrano utili quanto una cartina autostradale lo può essere per un naufrago. Le notazioni riportate, temporalmente parlando, risultano difficilmente ordinabili : il Maestro e la sua Arte poco si prestano ad essere vivisezionate, strutturate per precisi periodi, canalizzate in contesti determinati. Si vorrebbe comunicare l’emozione, la profonda vitalità, l’Elisir prezioso distillato dal geniale demone Contiano, aprire le porte di questo cosmo fantasmagorico e guidarvi un poco, per poi lasciarvi vagare liberi in questa terra vibrante di melodie, singolarmente abitata e rigogliosamente ricca di climi e di luoghi. Vi sono certamente sfaccettature e atteggiamenti che nel tempo si modificano, incerto e difficile rimane individuare l’esatto momento in cui determinate visuali mutano. Una svolta evidente si ha a metà degli anni ’80[2], già presente in nuce e sviluppatasi lentamente durante i primi anni di quel decennio[3] : prima di allora i testi sono più lirici, il Maestro sembra raccontarsi di più[4], ma di botto, con voce stridula e continua, quasi estenuante. Conversava “sopra la musica” Paolo Conte, con le sue inflessioni dialettali, la sua parlata strascicata, la sua dizione trasandata, le sue approssimazioni canore contigue alla stonatura ; ma anche con accorgimenti che, frequenti in poesia[5], davano alle canzoni un tocco futurista : inopinate pause ritmiche (“quan/d’ecco”, “cam/mina innanzi a me”[6], “guardo una ca/meriera”[7]) oppure ardite cesure alogiche (“pianura/padana”, “dentro/un bicchiere di acqua”[8]). Alla fine, la sua rude e dignitosa serietà era così naturale da far credere a tutti che stava cantando davvero[9]. Le musiche, meno ricercate, rivelano le semplici alchimie degli arrangiamenti ed anche l’orchestra è di là da venire, sostituita da quel personalissimo strumento che è il Kazoo[10]. Poi le cose impercettibilmente cambiano : arriva l’orchestra “che si dondolava come un palmizio davanti a un mare venerato...”[11] e i testi si ritirano, si ispessiscono di significati sempre più reconditi[12] mentre la voce si fa lontana, dolcemente salmastra. Com'è strano il successo : porta a Conte il suo giocattolo preferito, l’orchestra, gli permette di giocare con le tonalità, con le sottili, ineffabili affinità e dissonanze degli strumenti, ma lo investe e forse lo spaventa. Egli allora si difende con la musica e paradossalmente non fa che aprirsi di più al suo pubblico : non più con il testo, comprensibile ancora e tuttavia meno autobiografico, più intricato ed elegantemente elaborato, ma con il linguaggio universale e diretto delle note, con i profondi intrecci della musica. La ricerca si fa più serrata ed elaborata sul piano musicale appunto, per “scrivere musica fuori moda, un po’ segreta, che vada a cercare in fondo a noi le risonanze della nostra identità.”[13] Rimane comunque la voglia di raccontarsi al Nostro Autore, di far sapere a chi ormai lo segue con entusiasmo che c’è una maschera, un Paolo Conte da carta patinata e un Uomo Camion, un Mocambero che vorrebbe ancora amici a cui dedicare canzoni[14] e non solo un pubblico osannante da riverire, ringraziando dal palco.[15] Macaco sornione questo Paolo Conte che dice cose struggenti, amare parole salate, ma non sai mai se è serio o ti sta prendendo per il sedere[16], con quel suo buttar via le parole, cioè non dar loro un peso enfatico e nello stesso tempo sottolinearle da attore consumato, camminando fra le cose per renderle immense, monumentali e tuttavia attraverso un’operazione d’odio per tutte le retoriche assenti e presenti[17]. Assaporando la musica della parola, gioca con le sue ironiche e vibranti sonorità : “via da questa mischia, c’è qualcuno che cincischia... ma la storia se ne infischia...”[18], “ giura che mai tu passerai ad altre danze, come si passa in altre stanze...”[19]. Oppure si diverte con le ambiguità dei termini : “Le donne odiavano il jazz «non si capisce il motivo» du-dad-du-dad...”[20] dove scherza col doppio significato di “motivo” musicale in un caso, causa-ragione nell’altro. Le parole vengono sovente adoperate più per cantare che per comunicare pensieri, quasi che il testo sia un ulteriore strumento al servizio della melodia: come in “Teatro” [21], dove “Ei pera”, tragico verso dal “Nabucco” di Verdi (“Egli perirà”), diviene ludico artificio ritmico o in “Sijmadicandhapajiee”[22], dove il cantilenante motto astigiano (siamo cani da pagliaio) sembra richiamare misteriose formule di antica saggezza indiana. La voce trasmette ancora seducenti messaggi cifrati e solo che bisogna cercarli, Conte disdegna l’evidenza e forse, a ragione. Ma è soprattutto assistendo ad uno spettacolo di Paolo Conte che si intuisce l’estroso lavorio del musicista artigiano oltre che astigiano, professionalmente intento ad armonizzare ritmi e melodie, pause e sotterfugi, esaltando il recital dei concerti[23]. Le armonie prendono vita mentre la musica, “la vera musica”[24] palpita sotto le note di “un’orchestra eccitata e ninfomane”[25] e si avverte fisicamente il brivido caldo di quegli accordi, l’odore della musica suonata dal musicista che “si diverte e si estenua”[26]. Nelle mani di Conte la voce è uno strumento : ondeggia, si allunga, si distrae e poi zittisce nell’oblio della musica, ma riparte romanticamente, rauca arranca, si perde ludicamente in sottili arabeschi di straniere parlate, di futili non - sense, armeggia coi dialetti, partenope e calda o ironica e scaltra - astigiana - . Il ritmo impastato di vita e di tango non s'improvvisa da semplici incantatori, Celentani[27] da parrocchia, lo spessore si perde, l’atmosfera svapora, l’incantesimo si rompe. Egli come un divino sciamano[28] amalgama insieme l’Habanera, il Tango, la Rumba, la Milonga, mantenendo però fede al suo primo grande amore, il jazz[29] : “ Tango-habanera è, poi ancora, matrice naturale e storica di successivi fatalismi stilistici, suoi discendenti diretti : ragtme (primordio jazzistico con vogliosità europeizzante da antenato nobile e dotto) ; jazz (tendenza fortemente gestuale e contenente varie danze implicite, mare magnum di ogni stacco musicale di questo secolo ; sulle sue ascendenze, io sono fedele alla vecchia tesi di Jelly Roll Morton, secondo cui il blues deriverebbe dal tango...) .” [30] D'altronde è lo stesso Conte a non definirsi come un musicista di jazz, più che altro il jazz “gli arriva come divertimento, come atmosfera ; ironizza il rag, lo swing, il musical. Insomma è un mediatore di miti : Europa, Usa e tropici. Paolo Conte come Josephine Baker.”[31] Dai suoi Rag ironici alla Jelly Roll Morton trasuda il grande amore di Paolo Conte per gli anni Venti : per il fraseggio disinvolto di un Fats Waller[32], la magia raffinata di un Cole Porter o il clarino francesizzato di Sidney Bechet ; per Paul Whiteman o Jack Hylton e la loro capacità di mettere insieme jazz e ballabili, musical e melodie d’opera, la musica buona e la “cattiva musica” di proustiana memoria[33].

Messico e nuvole
L’ispirazione sembra venirgli più dal cinema che dalla letteratura. La sua è una lucida vetrina del Novecento, futurista - dadaista[34], filmicamente cinematografica[35], ma anche automobilisticamente trafficata di originalissimi oggetti: una Topolino amaranto, il dolce Zibibbo, l’aromatico Archebuse, il profumato Ratafià, il fresco Tamarindo, un pianoforte a coda lunga, inevitabilmente nero, gli umidi impermeabili autunnali o le sinuose collane di perle ; essi si materializzano in un immaginario universo di musica in cui sono ancora significanti e non solo significati ; mai grettamente lasciati a se stessi, comunicano con noi animati dalle melodie contiane : “Ci sono occhi che si cercano, ci sono labbra che si guardano, non mi fido in certi casi un pianoforte è un grido, ci sono gambe che si sfiorano e tentazioni che si parlano”[36]. Nell’universo contiano si fa molta strada : si può essere catapultati nella brumosa pianura padana con i suoi silenzi ed echi lontani[37] o attraversare a bordo di esitanti veicoli le Americhe, l’Argentina, il Perù, l’Uruguay, la loro disarmante bellezza, i cieli stellati, incontrare i gauchos nella pampa sconfinata, contemplare agili ballerini di Tango stringersi sensualmente[38], ma di nuovo a casa come da un sogno fantasmagorico nella campagna astigiana[39], alla vita di provincia, a “Bartali”[40] e ai suoi stradoni impolverati, per ripartire verso lussureggianti terre tropicali[41] e le loro donne di sogno, continuamente in balia dei mari e dei venti, tra la cosa più quotidiana e triviale, e quella più infinita. Vari paesaggi incapaci di scalfire però una quotidiana noia di paese, immobile e decadente, che ha per presupposto la solitudine[42] : la solitudine dello scapolo, della sfiorita signora dall’ambiguo passato, del gestore fallito di uno e più bar di periferia, delle nottate trascorse nel freddo di Alessandria a porsi questioni esistenziali, dell’astigiano in soggezione di fronte ad una Genova-Singapore[43]. Sono uomini e donne che nella vita di tutti i giorni soltanto incidentalmente possono aver attraversato il vostro cammino, tanto sono rari, caratterizzati da quel tocco di classe, di innata eleganza che rimodella anche il più goffo dei gesti quotidiani, caricandolo di significati reconditi, di ludica magia. Uomini[44] stanchi, disincantati, forse pessimisti, ma con un'intensa voglia di vivere e così dal disincanto, dal loro pessimismo scaturisce una forza vitale, un intima energia per continuare a pensare e a sognare. L’universo femminile è un discorso a parte, più complicato e complesso, come solo le donne lo sanno essere per gli uomini. Donna tempestosa, umorale[45] oppure algebrica e pensosa[46], o fatale, mentre danza nella calda sensualità, nella malizia inquieta del tango, ma anche amica[47] di cui innamorarsi dolcemente. Sembra quasi che a guidare Conte, nella ricerca affannosa di capire ed insieme descrivere le donne, sia una misoginia sottile[48] in fondo alla quale aleggia un’incomunicabilità leggera[49]. Dopotutto non si può amare totalmente una donna, senza odiarla anche, poiché nella sua presenza si riconosce l’ineluttabilità del destino, nei suoi occhi di ghiaccio e di fuoco il mistero della vita[50]. La donna in Paolo Conte è tutto questo e molto di più. Si prova un po’ d'invidia per questi personaggi che vivono in atmosfere inconsuete, incontrando ed essendo loro stessi affascinanti ed imprevedibili interpreti della vita. Verrebbe proprio voglia di dimenticare la strada e sedersi lì, accanto a Diavolo Rosso, a bere un'aranciata, mentre contro luce tutto il tempo se ne va[51]. Poiché Il tempo senza tempo di Paolo Conte contagia facilmente. Mentre “ Il tempo passa anche sotto ai sofà”[52], ieri, oggi e domani si confondono e così, perdendosene la continuità, “un oceano di attimi”[53] s'infrange sulla sabbia sempre uguale del destino degli uomini : “...domani...ma quel domani è già qui, è diventato oggi tanto in fretta”[54]. In fondo potrebbe essere anche una questione di ritmo, come fanno vorticosamente intendere i ballerini di “Dancing”[55], vivendo a tempo di rumba o di tango[56]qualcosa potrebbe cambiare, ed anche “la vita bagascia”[57] diventare meno noiosa, più sopportabile. Chissà..., ma oltre le banalità, l’arroganza delle giornate sempre uguali, si schiude alle volte “l’incantesimo sublime”[58], il lampo di un’estasi tanto attesa e sognata nel silenzio e nella solitudine del proprio animo. Un incantesimo che può essere suscitato tanto dall’amore che dalla musica, quasi che l’una fosse la continuazione naturale dell’altro[59] : come l’amante nell’amare, il musicista suonando si trasfigura, rompe i sottili lacci che lo legano allo spazio e al tempo circostante, si perde nel delirio inebriante suscitato dalla “musica che ti va fin dentro l’anima”[60]. Meglio approfittare di quell’attimo, di quel lampo, poiché “col tempo e col vento tutto vola via...”[61] , “...i giorni andati sono andati nel gusto bruto del tamburo nel fascino di certe stelle sparate conto il cielo scuro”[62] e oltre l’amore, oltre la musica c’è solo il caos di un mondo incomprensibile a cui non si appartiene e davanti al quale ci si sente sempre più “nudi e soli”[63] : “Ma poi la strada inghiotte subito gli amanti, per piazze e ponti ognuno se ne va, e se vuoi, li puoi vedere laggiù, danzanti, che più che gente sembrano foulards...” [64]. Tuttavia rimane un'inquietudine, un dubbio sottile, dal momento che anche l’amore è un gioco, anzi “un gioco d’azzardo”, “un gioco di vita, duro e bugiardo”[65] e con esso Conte ha un rapporto fatto insieme di fascinazione e di fuga, di ricerca e di rifiuto, di partecipazione e d'isolamento in una situazione di “voyeur”, isolato come l’eroe di “Hesitation”[66], nella sua tuta di “palombaro”. “E’ meglio star qui a guardare i pianeti ruotare davanti a me... nell’oscurità del rebus”[67], piuttosto che gettarsi a capofitto in una storia d’amore che potrebbe rivelarsi dolorosa : “Certe parole sanno di pianto, sono salate, sanno di mare”[68]. Dunque una dubbiosa e inquieta precarietà regna nell’universo contiano[69], tuttavia non c’è dramma in questo, più che altro si sente un'ironica e beffarda rassegnazione[70] per questa vita che assomiglia “a un foglio bianco da riempire”[71], dove “si sbagliava da professionisti”[72] e la salvezza sembra rimanere nelle emozioni sfuggenti, nel calore dei sentimenti momentanei, ma almeno sinceri, nella poesia della musica : “tanto, io capisco soltanto il tatto delle tue mani e la canzone perduta e ritrovata come un’altra, un’altra vita...”[73] La ricerca per qualche verso filosofica di Conte è ben rappresentata da una trilogia di canzoni, che nessuno meglio di lui può raccontarvi : “Sono qui con te sempre più solo è la storia di un uomo del dopoguerra che sogna al di là delle sue possibilità. Potenzialmente e sentimentalmente destinato al fallimento. Un uomo che ricomincia ogni volta a ricostruire sulle sue proprie rovine, e che, immancabilmente, rifà gli stessi errori. E’ proprietario di un bar che ha il favoloso nome di Mocambo. Di fatto, un misero locale. Vive con una donna troppo diversa da lui. Lei ha studiato ; lui è ignorante. Lei è colta, non è socievole ; lui è un bell’uomo, capace di brillare in pubblico ... In pieno fallimento, trova comunque il curatore che gli offre un caffè e, bevendo insieme questo caffè, i due si abbandonano alla solitudine e all’incomunicabilità. Nella seconda storia, La ricostruzione del Mocambo, sostanzialmente non è cambiato nulla. Lui vive con un’altra donna, di nazionalità e lingue diverse ...Ho inventato questa donna per parlare ancora dell’incomprensione. I motivi sono cambiati, ma sempre di incomprensione si tratta. Gli impermeabili è la visione notturna del suo mondo d’avventura che lo chiama ancora una volta, che lo fa uscire sotto la pioggia[74] per l’ennesimo fallimento. Dopo non ho più scritto altre storie di questo individuo, perché si è messo in società e ciò sarebbe costato troppi caffè al curatore ...”[75].





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[1] A Davide :“Jimmy, non pensare... zitto, che il nemico ci ascolta... Jimmy, non giurare con te stesso : è l’ultima volta... ne abbiam viste tante di regine andare sull’altro marciapiedi al sole e noi nell’ombra... ombra e sole, è sempre così...” (Jimmy ballando, Aguaplano, CGD 1987).

[2] Gli album di riferimento sono Paolo Conte (CGD 1984), Conserti (CGD 1985) e Aguaplano (CGD 1987). Mi è parso utile, per chi vorrà approfondire la conoscenza di questo geniale artista, indicare non solo la canzone a cui ci si riferisce, ma anche l’album in cui essa è collocata, la casa discografica e l’anno di pubblicazione. I testi sono tratti da Paolo Conte le Parole, Umberto Allemandi & C., Torino 1993.

[3] Ci si riferisce agli album Paris Milonga (RCA 1981) e Appunti di viaggio (RCA 1982).

[4] Il solo con cui Paolo Conte abbia condiviso la composizione delle musiche di alcune sue canzoni (“Arte”, Un gelato al limon, RCA 1979; “Una giornata al mare”, Paolo Conte, RCA 1974; “La topolino Amaranto”, Paolo Conte, RCA 1975) è il fratello Giorgio Conte, anch’egli apprezzato musicista. Per il resto tutte le canzoni sono interamente scritte dallo stesso Conte, sia nel testo, che nelle musiche. A scanso di equivoci è meglio chiarire subito che diversi sono gli album intitolati semplicemente Paolo Conte, tre per la precisione, pubblicati rispettivamente nel 1974(RCA), 1975(RCA), 1984(CGD).

[5] Il 30 settembre del 1991 riceve a Milano il Premio Montale per la nuova sezione “Versi in Musica”. A conferma del fatto, se mai c’è ne fosse stato bisogno, che l’arte di Paolo Conte supera agevolmente i confini della canzone d’autore, per rivelarsi come vera e propria poesia.

[6] Entrambe i brani sono tratti da “La giarrettiera rosa”, Paolo Conte (RCA 1974).

[7] Da “Una giornata al mare” , Paolo Conte (RCA 1974).

[8] Entrambe i brani sono tratti da “La fisarmonica di Stradella”, Paolo Conte (RCA 1974).

[9] Paolo Conte cantante racconta : “Mai avrei pensato di cantare io. Ancor oggi conservo una mentalità da autore , da quello che si sforza per prima cosa di far capire la sua canzone al pubblico, senza artifizi, da cuore a cuore, in tutta libertà.” (Dalla sua intervista in Conte di Monique Malfatto, Éditions Seghers, Paris 1989 in Conte a cura di E. de Angelis, Franco Muzzio Editore, Padova 1989.Traduzione di Alba Avesini).

[10] Più avanti il Kazoo si imporrà come una scelta e non più come un ripiego alla mancanza del sassofono, diverrà un asso vincente estratto dalla manica a tempo opportuno. Questo è un piccolo strumento musicale attraverso il quale si canta, costituito da un tubo aperto all’estremità, con un buco laterale coperto da una membrana.

[11] Da “Boogie”, Paris Milonga (RCA 1981).

[12] “Il paesaggio delle mie ultime canzoni è cambiato. Ci sono meno miti. Avevo cantato tutto : l’amore, l’esistenza, il jazz, l’uomo in bicicletta, l’automobile, l’uomo del dopoguerra ... Tutte le mie radici, i miei profumi, la mia campagna. Ero saturo. Non riuscivo più a rendere la forza delle cose, delle sensazioni come prima. Nulla era più vergine. E’ la verginità che ti permette di offrire quelle immagini calde, originali, che dopo non ritrovi più. Una volta avevo più fantasia. Oggi c’è un velo di malinconia nei testi ; i solitari come me, tendenzialmente malinconici, sempre un po’ esitanti, che hanno difficoltà a vivere la superficialità delle cose, sono sempre già un po’ vecchi ” (Ibi dem).

[13] Ibi dem.

[14] Si vuole ricordare la struggente “Il nostro amico Angiolino” dall’album Un gelato al limon (RCA 1979), dedicata a un pasticciere appassionato di “be - bop” che ringraziava per i regali musicali ricevuti con biscottini al vino.

[15] C’è un filo autobiografico che non si interrompe ed attraversa anche gli album del periodo più maturo : “Nessuno mi ama come mi amo io” da Aguaplano (CGD 1987), “Un vecchio errore” da Parole d’amore scritte a macchina (CGD 1990), “Per quel che vale” da ‘900 (CGD 1992) ed infine “Una faccia in prestito” dall’ultimo album omonimo (CGD 1995).

[16] Così definisce lo stile di Conte Amilcare Rambaldi, navigato presidente del Club Tenco, che, compreso il talento di Conte, nel 1976 lo invita a partecipare alla Rassegna sanremese ; d’ora in poi una sincera e familiare amicizia uniranno Conte e il Club Tenco.

[17] “Come pubblico, non amo che mi si spieghi quel che devo capire, non mi piace essere condizionato. Ciò che io propongo al pubblico è il mio stile, non una predica.” (Ibi dem).

[18] Da “Gratis”, Aguaplano (CGD 1987).

[19] Da “Schiava del politeama”, ‘900 (CGD 19992).

[20] Da “Sotto le stelle del jazz”, Paolo Conte (CGD 1984).

[21] Da Una faccia in prestito (CGD 1995).

[22] Da Una faccia in prestito (CGD 1995).

[23] Si notino le dissonanze fra le registrazioni negli album originali (Appunti di viaggio, RCA 1982 ; Un gelato al limone, RCA 1979) di “dancing”, “Diavolo rosso”, “Sud America” e “Blue tangos” e le rispettive versioni nell’album dal vivo Live (CGD 1988). Le forti emozioni dei concerti si possono rivivere in altri due album dal vivo: Concerti (CGD 1985) e Tournèe (CGD 1993), che include anche tre inediti “Bye Music”, “Ouverture alla russa” e “Reveries”.

[24] “Ci va carattere e fisarmonica, senso del brivido e solitudine per fare musica, la grande musica, con gli occhi a mandorla, e non si sa perché e non si sa perché...” (“La vera musica”, Paris Milonga, RCA 1981).

[25] Da “Il Maestro”, Parole d’amore scritte a macchina (CGD 1990).

[26] In “Alle prese con una verde milonga”, Paris Milonga (RCA 1981).

[27] Ci si vuole riferire ad “Azzurro”, cantata per la prima volta da A.Celentano, ebbene vi consiglio di ascoltare la versione cantata dallo stesso Conte, autore sia della musica che del testo, nell’album Concerti (CGD 1985), difficilmente ne rimarrete delusi. A dire il vero Conte inizia la sua fortunata carriera proprio come autore di celebri canzoni come “La coppia più bella del mondo” (della quale ha composto la musica, mentre il testo è stato scritto da Luciano Beretta), “Messico e Nuvole” interpretata da Enzo Jannacci o “Genova per noi” e “Onda su onda” interpretate da Bruno Lauzi. In quel tempo esercitava in tutta tranquillità la professione forense nella sua Asti, ma la musica lo perseguitava, e così iniziò, quasi per gioco, a scrivere canzoni...

[28] Uno sciamano Conte sembra lo abbia conosciuto davvero : Atahualpa Yupanqui, grande artista sudamericano, re incontrastato della milonga. “Atahualpa Yupanqui : è un dio, un genio. L’ho conosciuto a Sanremo, al premio Tenco. Mi ha fatto scoprire il rapporto di tenerezza che può esistere tra un musicista come lui e la canzone, nonché il sentimento fortissimo che ci può essere tra il cantante e il suo pubblico. A mia volta, ho voluto anch’io conoscere questo incontro d’amore.” Ibi dem.

[29] Di cui è notevole esperto, tanto da arrivare al 3° posto per l’Italia al Quiz internazionale jazzistico di Oslo nel 1960.

[30] Lettera di Paolo Conte al Collettivo Teatro Del Mago Povero per il loro lavoro Moby Dick, ovvero l’avventuroso duello di Capitano Cesare con la Balena Bianca, da e su Herman Melville e Cesare Pavese ; lettera nella quale vengono enunciati i criteri del lavoro musicale al quale aveva accettato di accingersi. Da Un Mocambo per Paolo Conte di Vincenzo Mollica, Il Candelaio, Firenze 1981.

[31] Così Enrico De Angelis, op.cit.

[32] “1935. In America si potevano ascoltare i dischi per telefono... cuori solitari - alienazione delle grandi città... uno cammina per Chicago nessuno in mezzo all’universo... entra in una cabina telefonica, sbatacchia le galosce sporche di neve... si toglie di tasca un gettone, fa il numero e si sente Fats Waller... il disco era un po’ più lungo del normale... in genere era un pot-pourri di tre motivi inanellati... sempre o quasi sempre erano dei capolavori... capolavori di arte pianistica... umorismo vocale... di swing, di impaginazione, di scienza dello show...Waller... che teneva in repertorio canzoni di routine dai testi tra i più sdolcinati e banali amava avventarsi sulle parole per irridere alla moda, alla stupidità del mondo... con la sua filosofia e il suo umorismo... complice così, al massimo grado, dello stesso uomo solitario che nella cabina del telefono aveva bisogno di una pacca sulle spalle...” (Paolo Conte in una trasmissione radiofonica notturna chiamata Jam Session , op.cit.).

[33] “Una canzone, quella di Paolo, che puoi portarti in tutti i viaggi come un prediletto libro di poesie.” (Vito Riviello, op.cit.).

[34] Non solo metaforicamente, infatti, Paolo Conte è anche un apprezzato disegnatore. Nel primo album Paolo Conte (RCA 1974) la copertina fu realizzata con un suo intrigante disegno che rappresenta lo stesso Conte( ? ) seduto a tre quarti su di uno sgabello, mentre una misteriosa donna gli cinge la schiena, mostrando le sensuali gambe accavallate e la fatale giarrettiera rosa. Anche il secondo album, intitolato ancora Paolo Conte (RCA 1975), Aguaplano (CGD 1987) e 900 (CGD 1992) portano un suo disegno in copertina, mentre Appunti di Viaggio (RCA 1982) ne mostra uno nella busta interna. Risale al maggio 1976 la prima mostra di disegni, appunti e canzoni dal titolo “Un’auto che sa di vernice, di donne, di velocità”, tenutasi alla Dürer Galleria d’Arte Contemporanea di Bologna, Terme di Castel San Pietro (Bologna).

[35] Ricordiamo che Conte è attivo anche nella composizione di musiche per il cinema ed il teatro, tra le molte opere ricordiamo : per il cinema “Tu mi turbi” regia di Roberto Benigni (1983) ; “Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada” regia di Lina Wertmüller (1983) ; “Sotto... sotto... strapazzato da anomala passione” regia di Lina Wertmüller (1984) e recentissimamente il cartone animato, tratto da un racconto di Gianni Rodari, “La Freccia Azzurra”(1996) ; per il teatro “Corto Maltese” di Hugo Pratt, Alberto Ongaro e Marco Mattolini, teatro Regionale Toscano/Teatro Goldoni di Venezia (1982). Nel 1996 riceve a Roma il premio per la miglior colonna sonora grazie a “Via con me” (Paris Milonga, RCA 1981) inserita nel film “French kiss”.

[36] Da “Aguaplano”, in Aguaplano (CGD 1987).

[37] Come in “La fisarmonica di Stradella”, Paolo Conte (RCA 1974).

[38] Richiamando “Messico e nuvole”, “Sud America” o “Ratafià”, rispettivamente dagli album Live (CGD 1988) ; Un gelato al limon (RCA 1979) ; Aguaplano (CGD 1987).

[39] In “Genova per noi”, Paolo Conte (RCA 1975), album per il quale nel 1976 ottiene il Premio nazionale della critica discografica.

[40] Dall’album Un gelato al limon (RCA 1979).

[41] Nelle dolci melodie di “Onda su onda” o “Blue Haway”, rispettivamente dagli album Paolo Conte (RCA 1974) e Paris Milonga (RCA 1981).

[42] “ Da solo sto bene. Mi piace star solo con me stesso. Solo, a farmi compagnia. Ho un sacco di cose da fare, con me stesso : scrivere, comporre, occuparmi di jazz, disegnare, dipingere... Il rapporto con gli altri mi disturba sempre un po’, è dispersivo. Si dicono tante di quelle sciocchezze, sempre le stesse. Si parla tanto per parlare. Ma perché ? Non si creda, comunque, che io sia del tutto un introverso. E’ che mi diverto di più quando sto da solo.” Ibi dem.

[43] Di “Genova per noi” dice lo stesso Paolo Conte : “ E’ sempre il tema dell’incomunicabilità. Il conflitto tra campagna e mare, l’angoscia di chi vive nell’immobilità delle colline, della campagna, e di colpo si ritrova davanti alla mobilità dell’acqua”. Ibi dem.

[44] Essi sono al tempo stesso dimessi (“Una giornata al mare”, Paolo Conte, RCA 1974 ; “La ricostruzione del Mocambo”, Paolo Conte, RCA 1975 ; “Troppo difficile”, Aguaplano, CGD 1987) o al contrario trasognanti ed eterei nella loro veste di antieroi contiani (“Onda su onda”, Paolo Conte, RCA 1974 ; “Wanda”, Paolo Conte, RCA 1974 ; “Sindacati miliardari”, Paolo Conte, RCA 1974 ; “Nessuno mi ama come mi amo io”, Aguaplano, CGD 1987).

[45] “...il corpo di lei mandava vampate africane...”da “Boogie”, Paris Milonga (RCA 1981).

[46] Come “La donna d’inverno”, Un gelato al limon (RCA 1979).

[47] Come in “Blu notte”, Aguaplano (CGD 1987).

[48] “Così tu sei cresciuta in quella diffidenza, fra un uomo e l’altro - pensi -, non c’è la differenza, di ogni tenerezza...la più completa assenza, il vuoto del tuo cuore rasenta la demenza” da “la ragazza fisarmonica” Paolo conte (RCA 1974).

[49] “Il mio viso si intontiva davanti al tuo parlare difficile c’era da indossare subito una camicia hawaiana e sventolare contento davanti a un cielo primitivo” da “Blue Haway”, Paris Milonga (RCA 1981).

[50] “Ah, giura che mai cancellerai con l’acqua ragia , quella vernice-oro che indugia, sul tuo corpo genial... danza per noi il ballo dei tuoi sette veli, facci arrivare ai sette cieli... schiava !...” (“Schiava del Politeama”, ‘900, CGD 1992).

[51] Parafrasando la vivace melodia di “Diavolo rosso”( Appunti di viaggio RCA 1982) che è un personaggio realmente esistito, un ricordo dell’infanzia di Paolo Conte, corridore ciclista piemontese, così chiamato perché vestiva di rosso e rossa era anche la sua bici.

[52] Da “Fuga all’inglese”, in Appunti di Viaggio (RCA 1982).

[53] Da “Uomo camion”, in Un Gelato al limon (RCA 1979).

[54] Da “Sindacato miliardari”, in Paolo Conte (RCA 1974).

[55] “E l’inquietudine e gli inchini, fan di me un orango, che si muove con la grazia, di chi non è convinto, che la rumba sia soltanto, un’allegria del tango...” da “Dancing” Appunti di Viaggio (RCA 1982).

[56] Detto contiano : “Il Tango è il riassunto della vita come la lucertola è il riassunto del coccodrillo”.

[57] Da “L’ultima donna”, Paris Milonga (RCA 1981).

[58] In “Dal loggione”, Un gelato al limon (RCA 1979).

[59] Questa compenetrazione fra amore e musica è ben rappresentata nella canzone “Alle prese con una verde Milonga”, Paris Milonga (RCA 1981).

[60] In “Dal loggione”, Un gelato al limon (RCA 1979).

[61] Da “Madeleine”, Paris Milonga (RCA 1981).

[62] Da “Vamp”, Live (CGD 1988).

[63] Da “Uomo-camion”, Un gelato al limon (RCA 1979).

[64] Da “Madeleine”, Paris Milonga (RCA 1981).

[65] Da “Gioco d’azzardo”, Appunti di viaggio (RCA 1982).

[66] Nell’album Aguaplano (CGD 1987).

[67] Da “Rebus”, Un gelato al limon (RCA 1979).

[68] Da “Gioco d’azzardo”, Appunti di viaggio (RCA 1982).

[69] “Parigi accoglie i suoi artisti pittori, mimi, musicisti, offrendo a tutti quel che beve e quel fiume suo pieno di neve... e l’illusione di capire con l’arte il vivere e il morire su antichi applausi a fior di pelle di molte donne ancora molto belle... blue tango..., blue tango, blue tango...”(“Blue tangos”, in Un gelato al limon RCA 1979). Conte ha un rapporto speciale con la Francia, in particolare con Parigi, che lo accoglie entusiasticamente al Thèâtre de la Ville in un crescendo trionfale di pubblico per tre indimenticabili serate nel marzo del 1985 ; da quel momento un filo rosso legherà per sempre Conte ai francesi e alle fragranze della loro terra.

[70] A tal proposito lo stesso Conte dice : “ Trovo sia più facile far piangere che far ridere, ma non si rende mai un buon servizio all’umanità facendola piangere. A far ridere si ha per lo meno la sensazione di compiere una buona azione. Io sono portato naturalmente al pianto, eppure mi sforzo di far ridere. Da ciò deriva la vena malinconica del mio umorismo...” Ibi dem.

[71] “Your life is just like a blank sheet to fill” in “Pretend, Pretend”, Paris Milonga (RCA 1981).

[72] “Bogie” , Paris Milonga (RCA 1981).

[73] Da “Madeleine”, Paris Milonga (RCA 1981).

[74] Cangiante è il rapporto instaurato da Conte con l’acqua nelle sue diverse rappresentazioni : mare dei desideri o delle immensità oscure e delle paure ancestrali (“Onda su onda”) ; tiepide docce purificanti (“Gelato al limon” e “Uomo camion”) ; piogge fredde, ma rassicuranti, nel grigiore della vita quotidiana di provincia (“Genova per noi” o “Gli impermeabili”) .

[75] Vorrei in fine ringraziare affettuosamente la signora Laura Natali e il Signor Giuseppe Ferlazzo per la gentilezza e disponibilità dimostratami nella ricerca del materiale.
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